Investire nelle persone: il ruolo delle Risorse Umane nello sviluppo e nell’organizzazione di un’impresa.

Chat&Chips con Renzo Marcato, co-founder di Abile Job

Che cosa contribuisce a definire l’identità di un’impresa? Sicuramente i valori che l’azienda ha fatto suoi, la mission che persegue e i traguardi che ha raggiunto. Ma sono soprattutto le persone che ci lavorano a svolgere un ruolo chiave. Le risorse umane, infatti, rappresentano il motore pulsante di un’impresa, contribuendo alla realizzazione del disegno ideato dall’imprenditore. Scegliere le persone giuste, per far partire una nuova attività o rafforzare un contesto già esistente, non è mai semplice. È necessario possedere spirito d’osservazione, capacità di ascolto ed empatia (ma non troppa) per capire chi potrebbe essere il candidato ideale. La selezione del personale è un momento cruciale e delicato, non soltanto per le grandi aziende ma anche per le PMI. Per questo abbiamo deciso di approfondire l’argomento insieme a Renzo Marcato. Renzo, dopo un’esperienza pluriennale nel settore HR di una multinazionale, ha fondato, nel 2016, Abile Job, una società che mette in relazione imprese e persone, per facilitare l’inserimento lavorativo di persone con disabilità e appartenenti alle categorie protette. Oggi l’abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza.

Loris (Co-founder Limo Comunicazione): Tu hai iniziato a occuparti di HR lavorando per una grande azienda, dove sei poi arrivato a ricoprire il ruolo di responsabile dell’ufficio del personale e del recruiting. Ci racconteresti il tuo percorso?

Renzo (Co-founder Abile Job): Il mio non è stato un percorso “standard”. Non ho iniziato a lavorare per L’Oréal come HR, ho una formazione da perito chimico e sono entrato come operaio. Sono riuscito a fare un percorso di crescita professionale, diventando caporeparto. Mi sono occupato dei sistemi di certificazione di qualità e, al termine di un progetto di cambio del sistema gestionale, mi hanno proposto di entrare nelle risorse umane. Così ho iniziato a occuparmi di recruiting e formazione, fino a diventare capo dell’ufficio del personale. A quel punto, sono poi stato incaricato di implementare e sviluppare i progetti di inclusione sociale. Da qui è nata l’idea di Abile Job.

Loris: Com’è visto il ruolo del responsabile delle risorse umane all’interno di un’impresa?

Renzo: Per la mia esperienza, il ruolo del responsabile HR è una delle figure chiave all’interno di un’organizzazione di lavoro. Insieme al titolare dell’azienda, è l’unica figura che ha il potere di cambiare – nel bene e nel male – le dinamiche di una realtà lavorativa. Purtroppo, oggi non esiste un albo degli HR: chiunque può svolgere questo tipo di ruolo. Questo aspetto andrebbe rivisto: a volte capita che a ricoprire questo ruolo siano delle persone che non hanno le competenze necessarie o non sono preparate e possono causare dei grossi danni. Non arrivano con un percorso certificato, con un master o una formazione specialistica e si trovano in una posizione di potere con carenze e buchi. Nei miei quasi 30 anni in azienda, ho avuto modo di conoscere diverse persone che si sono succedute come HR: a volte è andata bene e a volte meno. Alcune persone hanno inciso davvero in maniera positiva sul clima aziendale, altre invece hanno devastato ciò che di buono era stato costruito. Il turnover è un aspetto che, in questi ruoli chiave, crea spesso dei problemi, perché mancano procedure e metodologie, dei paletti ben definiti che permettano di passare il testimone a un’altra persona.

Loris: Parli di continuità. È importante mantenerla anche nel rapporto tra HR e i dipendenti? Quali sono gli strumenti che gli HR hanno a disposizione per farlo?

Renzo: Sì, mantenere il contatto con tutti i dipendenti è un concetto chiave. Un buon HR ha memoria, è spontaneo, genuino. Ricoprire questo ruolo è un po’ come svolgere una sorta di missione. E, chi riesce a farlo, fa passare un messaggio importante: che la singola persona è una risorsa, non soltanto un numero. Per quanto riguarda gli strumenti, diciamo che in una grande azienda i mezzi per dare continuità al rapporto HR-dipendenti ci sono eccome! Ma è possibile attivarsi per renderlo possibile anche nelle PMI.

Loris: Credo che mantenere un rapporto con i dipendenti li renda anche più disponibili a mettersi in gioco. Quanto incide su questo aspetto l’attitudine dell’HR?

Renzo: Diciamo che si può essere più o meno predisposti a svolgere questo ruolo. Per esempio, le persone che non sono capaci di empatia non sono molto adatte. Poi bisogna sempre tenere conto degli obiettivi aziendali: se un’azienda deve tagliare personale non potrà inserire come HR una persona empatica. Dovrà cercare una persona che sia in grado di portare avanti, senza troppi scrupoli, un programma di incentivi all’uscita e licenziamenti. Ci sono anche questi casi, purtroppo. Situazioni molto difficili dove, a volte, a farne le spese sono le persone socialmente più fragili.

Loris: Mi riaggancio a quello che hai detto per fare una riflessione. Il lavoro dell’HR ha molte facce: non si tratta solo di selezionare il personale. Ad esempio, in molte grandi corporation le risorse umane si occupano anche di tirar fuori nuove idee, coinvolgendo i dipendenti per creare valore. Hai voglia di parlarmene?

Renzo: Te ne parlo volentieri, perché ho avuto la fortuna di lavorare in un’azienda che stimolava molto i suoi lavoratori. Abbiamo sempre lavorato per interagire insieme ai dipendenti, chiedendo loro feedback sulla qualità, coinvolgendoli in maniera ludica, ad esempio con dei concorsi interni, mettendo in palio piccoli premi. I dipendenti hanno sempre apprezzato, partecipavano volentieri. Poi con l’ufficio di comunicazione interna abbiamo dato vita a un giornalino. Per questo progetto avevo carta bianca, così ho creato un comitato di redazione coinvolgendo persone di tutti i reparti, che rappresentassero un po’ lo stabilimento. C’erano impiegati, operai, personale del settore logistico e della sicurezza… si è creato un mix fantastico. Il comitato ogni anno veniva rinnovato, così tutti potevano partecipare. Un’altra bellissima iniziativa è stata coinvolgere il personale per raccontare le storie dello stabilimento: ne è venuto fuori un libro! Sempre grazie alla collaborazione con i dipendenti, abbiamo portato avanti dei progetti di inclusione sociale. Anche in questo caso, non abbiamo imposto un cambiamento dall’alto, ma abbiamo lavorato insieme, chiamando anche associazioni esterne per i casi più delicati, ad esempio quando abbiamo inserito persone con autismo. I dipendenti si sono sentiti chiamati a partecipare, inclusi in questo processo e i risultati sono stati sorprendenti. Quindi, per tornare alla tua domanda, sì: coinvolgere i dipendenti è fondamentale, a prescindere dai numeri dell’azienda.

Loris: Continuiamo a parlare di inclusione. Tu adesso hai fatto il salto, sei diventato imprenditore, continuando a lavorare nell’ambito della selezione di persone con disabilità. Prima dovevi rispondere alle esigenze dell’azienda per cui lavoravi, mentre ora devi interagire con altri responsabili delle risorse umane, che hanno la necessità di assumere persone con disabilità. Quali sono i dubbi in queste persone? C’è predisposizione e disponibilità all’inclusione o noti ancora delle discriminazioni?

Renzo: Posso dirti che, fortunatamente, la discriminazione è poca. Per il resto, tutto dipende dal singolo HR, dalla sua sensibilità, dal percorso professionale che ha svolto. Poi conta molto anche cosa fanno le persone fuori dalla vita lavorativa: se mi trovo di fronte qualcuno fa che svolge attività di volontariato è tutto più semplice.

Loris: L’inserimento di talenti con disabilità è visto ancora come un obbligo? O si incomincia a considerarla un’opportunità?

Renzo: Purtroppo all’inizio è visto spesso come un obbligo. Questo anche perché, storicamente parlando, le aziende arrivano da un background che non favoriva l’inclusione con un approccio corretto. Solitamente le aziende si trovavano a dover inserire del personale disabile che non c’entrava nulla con le loro attività e dovevano inventarsi qualcosa da fargli fare. Non c’era la possibilità di scegliere la persona, di lavorare su una selezione vera e propria. Quindi secondo me le aziende oggi fanno fatica anche perché sono condizionate dal passato. Nel momento in cui capiscono il nostro approccio, però, le cose cambiano. Io cerco di favorire questo salto e quando parlo con le aziende cerco di creare fiducia, relazione, comunicazione. Metto subito in chiaro che l’obiettivo di Abile Job è valorizzare le persone: non proporrò mai qualcuno di “inutile” al fabbisogno di un’azienda.

Loris: Secondo te, siamo vicini al momento in cui il mercato del lavoro sarà aperto a tutti senza discriminazioni e distinzioni, indipendentemente dalle condizioni personali?

Renzo: La mia risposta forse sarà scontata ma… Io su questo aspetto sono molto positivo! Altrimenti non avrei dato vita ad Abile Job (ride)! Ma battute a parte, io sono convinto che andare nella direzione di un’inclusione “totale”, se così vogliamo chiamarla, sarà sempre più semplice. E questo anche grazie al difficile periodo che stiamo vivendo. L’emergenza Covid-19 ha completamente stravolto alcune dinamiche del mondo del lavoro, ha reso lo smart working non più una scelta, ma una necessità. Nelle settimane di quarantena, abbiamo avuto tutti delle “disabilità”: non ci siamo potuti recare fisicamente sul luogo di lavoro, abbiamo dovuto fare affidamento a strumenti alternativi per comunicare. E ci siamo resi conto che non dobbiamo per forza dare il nostro contributo in maniera “standard” per essere produttivi! Se prima le aziende che avevano preso in considerazione lo smart working si contavano, oggi non è più così, tutti sanno che cos’è e l’hanno provato. E questo agevolerà tantissimo le persone con disabilità, che magari non possono recarsi sul luogo di lavoro ogni giorno o devono utilizzare strumenti alternativi per comunicare con i colleghi.

Loris: Hai citato lo smart working come strumento pratico per favorire inclusione. Quali sono altri strumenti che possono facilitare il processo di inclusione?

Renzo: Guarda, al momento stiamo realizzando dei contenuti in “pillole”, dove analizziamo alcune disabilità avvalendoci di persone che vivono quelle specifiche disabilità. È una richiesta che ci è arrivata direttamente dalle aziende e siamo felici di poter fornire un aiuto concreto. Ti faccio un esempio: molte aziende non sanno come far lavorare una persona ipovedente o come comunicare con una persona sorda. In realtà esistono diversi strumenti e app, che per le persone con disabilità sono ormai la norma, mentre le aziende solitamente non li conoscono. Noi vogliamo creare un punto d’incontro anche per favorire la conoscenza di questi utilissimi mezzi.

Loris: Parliamo un po’ di quello che è il cuore del lavoro dell’HR, ovvero il momento della selezione. Tu solitamente come ti comporti durante i colloqui? Immagino che non ti limiti a seguire una scaletta di domande e a chiedere “come ti vedi tra 5 anni”…

Renzo: (ride) Esattamente! Diciamo che per selezionare personale con disabilità continuo a utilizzare le stesse modalità che usavo prima, ma ho l’accortezza di adattare il colloquio a seconda della disabilità coinvolta. Elementi fondamentali sono l’empatia e l’ascolto. Poi ovviamente ci sono delle domande standard che devo fare, perché ho bisogno di recuperare alcuni dati per capire se la persona che ho davanti corrisponde a quanto richiesto dall’azienda. È poi fondamentale entrare in relazione, per far sì che il candidato si apra e mi permetta di capire quali sono le sue risorse. Partendo dagli interessi di una persona si possono scoprire aspetti importanti del suo carattere o alcune competenze di cui il candidato non è consapevole. Non è sempre semplice riuscire a far aprire le persone, può essere impegnativo. Ma quando una persona si alza dopo il colloquio con il sorriso, perché si è sentita valorizzata e ascoltata, ti assicuro che ogni sforzo viene ripagato. Non riusciamo sempre a trovare un’opportunità per tutti, ma a volte anche un semplice colloquio di lavoro può aiutare una persona a ripartire, a trovare delle motivazioni per riprendere in mano la propria vita.

Renzo Marcato è un esperto di tematiche HR e recruiting. Dopo un’esperienza quasi trentennale in un contesto multinazionale, ha deciso di aprire un’agenzia per il lavoro fuori dagli standard, Abile Job, occupandosi in modo specifico dell’inclusione lavorativa di persone.

 

 19 Maggio 2020

Fonte: Limo Comunicazione

https://www.agenziacomunicazionetorino.com/blog/brand/investire-nelle-persone-il-ruolo-delle-risorse-umane

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